Mi appresto ad abbracciare una seconda avventura materna: stessa strada macchina diversa (come l’ha definita qualcuno) e in realtà mentre aspetto la fine dei mesi come fossi nel dietro le quinte di un concerto, io a quel concerto sto già suonando. Perché così è la vita: attendi l’entrata in scena ma in scena ci sei già da un po’, con i pro e i contro. Non è proprio come ti aspettavi ma forse senza ansia da prestazione è meglio. Vi dico questo perché ieri ho letto tutto d’un fiato l’irriverente libro Mammamia! Il metodo italiano per crescere bambini felici ed essere genitori sereni, di Paola Maraone e Alessandra Di Pietro, edito da Baldini-Castoldi: 88 storie di pancia (rapide da leggere e ricordare) raccontate dalle dirette interessate che in totale hanno cinque figli, due ex mariti e due penne che un po’ mi fanno invidia. Per alcuni versi mi ci sono subito ritrovata e ho pensato “bene, non sono la sola a fare certe cose”, ma soprattutto a pensare che non si può essere perfette, che il tempo vola e lo crescono mentre ti ostini a fargli abbinare la giusta tonalità dei colori o insegni loro come sistemare il letto. Il tempo vola e il “tuo” dietro le quinte è già il concerto a pieno regime.

Dentro c’è di tutto: dal capriccio agli ormoni sballati dell’adolescenza, dalla stanchezza perenne delle madri al cibo bio non sempre bio, alle notti insonni (quelle restano indelebili in tutte noi) ai primi amori. Sembrerebbe nulla di nuovo sotto questo cielo, se non fosse per il fatto di una nuova figura materne che toglie il posto alle più celebri mamme tigri o pavone, la cosiddetta MAMMA POLPETTA. E chi è? Credo che in fondo sia un po’ tutte le mamme italiane che per anni si sono viste torcere il naso da quella scandinave o francesi. Loro erano meglio. E noi a capire perché e percome. Poi l’illuminazione vera, quella che  toglie i sassolini dalla scarpa.

Così ecco uno stralcio di questo libro-manuale che un po’ mi rappresenta e un po’ no, che mi ha fatto sorridere e molto riflettere.

“Mamma polpetta è come ci sentiamo noi. Di certo siamo sufficientemente buone: proprio come la madre descritta da Winnicott nei suoi manuali di psicologia, capace di trasmettere sicurezza e amore nono- stante stanchezza e scoramenti. E poi sì: siamo buone come le polpette, che mettono a tutti tanta allegria.

 

La polpetta è universalmente amata, ma sulla sua preparazione è facile equivocare. Molti pensano che basti cacciarci dentro quel che capita, ma non è così. Non è un pasticcio improvvisato ma richiede sempre ottimi ingredienti, un occhio esperto per dosarli, una mano amorevole per mescolare. E in fondo, non è così che si crescono i bambini? Ci metti amore, attenzione, cura, regole, teorie, esperienza, risate, sbuffi e poi coccole, rimproveri, qualche strillo. Tutto q.b., quanto basta, come nelle ricette, cambiando le dosi degli ingredienti a seconda di quel che hai in casa quel momento. Di quel che ti serve. Proprio come con i figli: ti affidi all’intuito per aggiungere un pizzico di severità o una bella manciata di ricompense. Per creare un amalgama unico, ma anche il più saporito possibile.

 

Che poi la polpetta è buona grande ma anche piccola, piatta e rotonda, nel sugo o fritta, al forno o con il limone. Le polpette si cucinano in ogni Paese e ogni casa ha la sua ricetta: non ce n’è una uguale all’altra. A ben vedere la polpetta è proprio come la mamma: la migliore del mondo è quella che conosciamo da quando eravamo piccolissimi, e (anche) per questo ci piace”.

 

 

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