Nessun amante, nessun neonato, nessun parente petulante, nessun animale d’accudire, nessun vicino invadente. No, solo la bici tra noi due. Una guerra aperta, con battaglie giornaliere, già di prima mattina, quando tutta la famiglia è pronta per uscire. Bici o macchina?

A me neanche chiederlo, ho già la bici in posizione “uscita”. Ma a lui chi lo chiede? Eccoci allora allo scambio di battute che si ripete da anni (come si dice, la forza oscura dell’abitudine).
Andiamo in bici?
No, dai andiamo in macchina… facciamo prima.
Prima per andare dove…
Se poi viene a piovere
Ma se ha messo sole per tutto il mese.
Sì, però se dobbiamo fare la spesa, con il bambino, le borse… se ci vogliamo fare un giro…
Dobbiamo solo comprare il latte, niente borse, e poi ho il cestino, il porta pacchi…
Oppure io vado in macchina e tu ci raggiungi.
Ecco… per parcheggiare in centro dopo due ore di giro dell’oca, pagare il parcheggio e fare due passi in croce (gli piace troppo).
Sì, ma tu vieni in bici, che ti cambia?
A me non cambia niente, ma alla fine qualcuno, si deve piegare. E chi se non la mamma? Quella mamma che nell’abitacolo stretto comincia a innervosirsi, quella che senza aria in faccia fatica a svegliarsi del tutto, quella che di fianco al conducente deve stare zitta per non dare ansia, quella che in macchina deve badare al piccolo nel seggiolino rischiando di vomitare ogni volta. Perché non voglio andare in macchina? A parte queste buone ragioni, ce ne sono altre: il parcheggio non si trova mai, il parcheggio si paga sempre, la mia ritenzione idrica chiede pietà, il mio umore idem. Esiste un modo più brutto d’iniziare la giornata se non quello di sedersi al volante? Sì, di fianco!!!

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