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È inevitabile. È come il primo dente che cade, i primi passi, la prima volta che ha detto “mamma”. Meno emozionante ma con lo stesso senso di liberazione, di aria nei polmoni. La trasferta dal parchetto gioco invernali (quello che ormai conoscete a mena dito, dove potreste lasciare vostro figlio che ve lo riconsegnano direttamente a casa, quello dove conoscete morte e miracoli di ogni singolo frequentatore), perché è di questa che stiamo parlando, sarà una tappa fondamentale del vostro anno. La ricorderete, sì. Perché l’aria del mare, dopo un lungo inverno dove l’unica preoccupazione era coprirlo bene, è qualcosa di miracoloso. Per l’umore della mamma. Per la stanchezza del pargolo.
La trasferta, ormai in pianta stabile, è avvenuta circa una settimana fa, quando il nostro parco si è trasformato in una serra da 40 gradi. Cappellini? Creme solari? Neanche a parlarne. Così, con un breve cambio di zainetto (e un’aggiunta di almeno altre due zaini per l’occorrente… Nonsiamaaaaaiiiii) ci siamo dati alla balneazione. Dove tutto è lecito, dove se cade chiss…. .

Qui, il popolo delle mamme che avete sempre visto avvolte in piumini e cappotti, prende forma.
Noooo ma guarda quella…. Sembrava più magra e invece…
Che fisico, ma quand’è che è andata in palestra???
Ha la pelle tutta rovinata, dovrebbe coprirsi di più al sole.
Aggiungo altro? Premesso che nessuna è la Canalis che dopo il parto già era in sala attrezzi (neanche morta), ognuna fa finta di non badarci, di essere sciolta, tanto easy quanto pesante se volti le spalle.
Il popolo dei pargoli, invece, scopre quanto sia fastidioso trovarsi la sabbia nelle mutande, i piedi secchi e ruvidi e quanto l’ombra sia una fantastica invenzione delle cabine e degli ombrelloni. Comincia, per buona pace di mamme il travaso di acqua, dalla fontana alla spiaggia, la corsa fino al mare con divieto assoluto di buttarsi in acqua (vedi versamento fogne in mare), il bagno dei giochini per non portare a casa quei cinque kg di sabbia al giorno.

Per ora dalla spiaggia è tutto.

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