Scrivo in cucina al buio. Masticando piada bruciata. Con un occhio guardo il quasi treenne che gioca in sala, in un momento di gioco tutto suo che definirei catartico. Non mi muovo di qui: non mi alzo, respiro piano e non faccio rumori per distrarlo: basterebbe un passo falso ( anche un’occhiata in più) e questa pace casalinga ( quasi paradisiaca) potrebbe finire da un momento all’altro. Allora: la cena è pronta, il pigiama caldo è sulla stufetta. Bagnetto? Fatto anche quello. Non devo fare altro che godermi l’attimo e mai mettermi in mezzo tra lui e il suo gnomo con cui sta giocando. Lo vedo: è concentratissimo, sta immaginando di costruire una casa, con giardino e posto macchina e allora perché disturbare? È il suo sogno. Mica il mio. Il mio, è questo, ritagliarmi, nel bailamme delle 24 ore assieme a lui, un piccolo spazio per me. Che non sia notturno (a una certa letto di corsa) che non sia quando c’è altra gente.

Mammmmmmaaaaaaaaaa
Eccomi di nuovo nella realtà.

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