L’idea per questo articolo mi è venuta l’altro giro vivendo quelle situazioni surreali che solo noi mamme sappiamo gestire: bici a ruote sgonfie e bimbo piangente per assenza di biberon del latte. Mettete insieme queste cose e potrebbe saltare il sistema nervoso di un uomo medio. Per una donna ci vuole ben altro. Confesso che anche io stavo esitando sulla reazione ma alla fine ho scelto quella più composta. Diciamo zen. E così sono arrivata a casa, stremata, ma con il pupetto di buon umore. Gran parte delle mie giornate – aspettiamo tempi migliori – ruotano attorno a queste b, che a volte aumentano ( baci, bronci ecc…) e a volte diminuiscono ( il bimbo rimane sempre). Se la bici ha una sua vita a parte e da lei dipendono gran parte dei movimenti giornalieri, il piccolo Attila vuole me e solo me. Anzi. Ritratto, vuole me e il suo biberon di latte. Ormai quel biberon ha una vita a parte, fra poco cammina, si lava, si vuota e si riempie da solo. È il prolungamento della serenità, della coccola, del buon umore. Noi a quel biberon vogliamo bene, lo sentiamo uno di famiglia, ma sarebbe tempo di lasciare il nido. Ma non c’è verso. Anche se mangia matriciana e costolette di maiale, il piccolo “lattisuga” vuole quell’affare con la tettarella. E io che faccio? Glielo porgo allegramente. Ma non ditelo al pediatra😜.

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