Prima dell’arrivo del piccolo avevo giurato a me stessa che niente e nessuno mi avrebbe distolto dal mio lavoro. Nemmeno quella piccola creatura. Appena qualche mese dal parto per riordinare le idee, allattare e riorganizzarmi e avrei ripreso in mano la mia solita vita. Ma così non è stato. Disorientamento, stanchezza, notti in bianco e mastiti accumulate hanno fatto di me una donna a terra. Capace di sopravvivere con tre ore di sonno a notte e un seno duro come la pietra. Non è bello. E non è vero che si dimentica. I primi mesi sono i più tosti e chiunque vi dica il contrario sta mentendo. All’inizio, specie se è il primo figlio, testare corpo vengono messi a dura prova. La maternità, infatti, si deve costruire, trovare, aggiustare, limare. All’inizio è così. Non sai da dove partire ma sai che da qualche parte dentro di te ci sono le istruzioni. Ma il lavoro? Praticamente abbandonato. Il computer è diventato un mostro. Il letto l’unico mio amore. Ero avvilita. Quando sarei ritornata quella di allora? Ed è qui che ho avuto la folgorazione. Dovevo prendermi tempo. Tutto quello che ci voleva. Prendermi il tempo per capirmi e capire che la mia vita di prima non avrebbe avuto più senso. Che c’era un altro senso da cercare. Con delle nuove regole quotidiane, una nuova routine, nuovi vestiti, nuovo taglio di capelli. Stravolta ma felice mi sono scoperta mamma. All’improvviso. E adesso che lo sono il ricordo di quella che ero un tempo sbiadisce piano piano.

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