Ogni giorno ci mettiamo in viaggio (anche un po’metaforicamente) perché la primavera è arrivata. Non si può più rimanere in casa. Sole, aria, mare e ancora sole. Allora sveglia presto (non per mio volere) colazione tra biberon di latte e biscotti e poi fuori per prendere tutto quello che d’inverno è impossibile. Perché il sole, c’è poco da fare, fa venire il buon umore: le occhiaie restano, il carico di lavoro pure, però sappiamo che c’è un modo gratuito per farci riconciliare con l’esistenza: il sole. Se poi siete dei gran fortunati come noi ( e modestamente senza merito) prendersi il sole della Sardegna in primavera diventa un lusso a cui non ci si abitua mai. Vuoi perché non ci si è nati, vuoi perché l’inverno del Nord Italia è sempre troppo lungo, vuoi perché quella limpidezza di cielo non fa proprio parte della routine. Eh no. Così senza costume (non facciamo i turisti) e con crema abbronzante scendiamo nella spiaggia degli indigeni, il Poetto. Una lastra questa mattina, senza interruzioni tra mare e cielo, senza interferenze umane, stile Rimini. In questo “oceano mare” lasciato un po’al selvaggio e un po’ al caso non è difficile adeguarsi, sentirsi a casa senza esserci mai stato.

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