Ieri è stata questa la motivazione principale. Dopo cinque giorni di febbre e tosse del figlio, tappata in casa come un topo, sono uscita all’aria per respirare. Ero al limite: fazzolettini fradici, sciroppi omeopatici e no, tachipirina, termometro, spremute, cibi avanzati da buttare, lavatrici a ciclo continuo, telefonate di bollettini medici, Barbara D’urso a onde. Insomma, un ritmo costante scandito da medicine, lavori domestici e tv da divano no stop. L’avete provato? Così ieri il figlio, ancora febbricitante, è stato con la nonna. E io ho preso aria. Di quell’aria che non si dimentica facilmente, che apprezzi davvero quanto ti manca. Che ti fa capire che fuori c’è un mondo, anche se mezz’ora prima il tuo mondo era tutto maliticcio è pieno di microbi. Ho girato per Rimini senza una meta fissa, senza il demone delle commissioni da sbrigare ma per il puro piacere di pedalare e rilassarmi. L’effetto è assicurato, peccato solo che duri poco. Vogliamo parlare del rientro? Anche no.

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